i volti della Bellezza - della Bellezza i volti
Alberto D'Atanasio
La Bellezza è un concetto molto complesso e in questo contesto non è significativo di un fatto puramente estetico. Non è necessario rievocare la classicità ellenica, un tempo era bello ciò che rendeva migliori, ciò che ci faceva del bene, era ciò che ci emozionava, ci faceva provare sentimenti e sensazioni che divenivano memorie e ricordi da raccontare. Ma per essere precisi, per rendere onore alle radici della nostra civiltà, e per premettere il senso di questa mostra, è bene ricordare che secondo i Greci antichi il termine bello era kalokagathìa e indicava un esempio di perfezione umana. Il termine rappresenta l'unione di due aggettivi indicanti l'armonioso sviluppo della persona, cioè "bello e buono", ma anche come "persona virtuosa". Il termine bello era dunque il trovare in una stessa persona la bellezza e il valore morale, un principio che coinvolge dunque le sfere estetica ed etica. I Greci e i Romani che ereditarono questo principio andavano oltre, ma purtroppo di questa ulteriore fisionomia della bellezza, in Occidente, non è restata molta traccia. Per la cultura Ellenica, la bellezza era un dono che permetteva di irradiare il bello e il buono. Non ti accorgevi per l'aspetto esteriore, il soma, che una persona era bella, piuttosto ti accorgevi della bellezza di una persona perché irradiava bellezza e benessere a cose e persone intorno a lei. Era la Bellezza radiante. Di questo straordinario dono era dea Afrodite, Venere che aveva la capacità di irradiare bellezza a cose e persone che si trovavano a contatto o a cooperare con lei. Di questa bellezza contagiosa si rimaneva meravigliati e con questa bellezza si guariva dai mali dell'anima, psiche. Gli scrittori antichi, Esiodo, Erodoto, Sofocle, Apuleio hanno scritto pagine in cui si rivela questo dono degli dei. Il Parnaso rimaneva incantato dalla bellezza radiante di Apollo, le Muse, la natura, ogni creatura di questa luce rimanevano colme, era l'incanto. Era così che le Muse potevano ispirare, di conseguenza, le umane creature. La persona di cui parlo e che ha avuto l'idea di questa mostra aveva questo dono, irradiava bellezza, non era solo bontà, perché la bontà può essere passiva, si è buoni anche stando fermi, zitti e senza recar danno ad alcuno. Chi possiede il dono della Bellezza pervade cose e persone di questa luce, riesce a percepire, sentire, scovare i volti della Bellezza, e così a volte capita che cose e persone cambiano, diventano esse stesse portatrici sane di questo magnifico virus e accadono meraviglie, miracoli. Si torna a sperare in maniera attiva, si costruisce il futuro. Di esempi ce ne sono, ogni progresso che ha portato l'umanità a evolversi e a nuove consapevolezze è stato compiuto da persone che possedevano questa straordinaria qualità, che si badi bene, non è innata, non ci si nasce, o forse si, di certo la si può ricevere in dono. La bellezza per l'uomo che ha avuto l'idea di questa mostra era tutto questo. La sua vita, seppur breve, è stata l'evidenza del proposito attivo, dinamico, instancabile di portare Bellezza ovunque e in chiunque. Quest'uomo voleva riscoprire la bellezza che in ogni persona era stata, dalle vicissitudini della vita nascosta. In quest'uomo, per tanto, convivevano gli alti ideali di onestà, comprensione, eguaglianza e quell'amore che non è mera quanto inutile filantropia, ma vibrante realizzazione del Bello. E se può sembrare retorico ciò che sto scrivendo, dato che l'uomo ha il mio stesso cognome, molte persone che hanno collaborato con lui, condiviso tempo e vita, possono testimoniare con più forza che questo mio discorso è, in effetti, solo una parte del vero. Quest'uomo che ha avuto l'idea di questa mostra ebbe il dono della Bellezza radiante non per eredità genetica, ma per gli insegnamenti di una madre e di una famiglia che condivideva il poco come il tanto, con chi della bellezza aveva sentito solo parlare e con chi di questa bellezza aveva ricevuto solo le briciole. Quando si cresce con l'incanto e il desiderio di cercare questa scintilla antica nelle piccole cose d'ogni giorno, si prova meraviglia del bocciolo di fiore ancora chiuso come del fuoco d'artificio che illumina a giorno la notte. Chi come quest'uomo, mio fratello, cresce capendo che il sacrificio non è solo soffrire, ma rendere sacro ciò che si compie, allora si comprende che il prossimo è una ricchezza sempre, e che dal prossimo si può sempre imparare, anche se ha meno di te in età, condizione e denari. Quando, come Nazzareno, s'impara a lottare per difendere le proprie idee e a rimanere dritti in cima alla scala come la Nike di Samotracia, imperterriti e contro vento, allora si capisce che solo questa Bellezza può realmente salvare il mondo e ognuno di noi. Nazzareno aveva il coraggio di andare contro corrente e di parlare con tutti con lo stesso sguardo, lo stesso cuore. Era così da sempre, da quando era bambino. Divorava libri e raccontava ciò che aveva letto, da lui seppi di Salgari, di Tom Sawyer, di Martin Luther King, di Guevara, di Gesù e di una gioia condivisa perché espressione dell'amore per il prossimo, da cui derivavano libertà ed eguaglianza e la vera Bellezza ch'io credo il Creatore metta in ogni creatura nel momento della creazione. Nazzareno aveva lo sguardo fiero e sereno di chi poteva permettersi di guardare tutti negli occhi perché aveva il senso di giustizia poiché conosceva soprusi e ingiustizie, nessuno gli ha mai regalato nulla, mai. Aveva la generosità di chi aveva lavorato fin da ragazzo e fatto sacrifici per ottenere in poco tempo ciò che è stato e a beneficio di molti. Amava difendere chi non ha difese e ha subito dal vivere offese, io stesso sono stato da lui difeso più volte e giocavamo insieme finchè il tempo e la professione ci hanno diviso. Abbiamo avuto una famiglia sana che ci ha trasmesso valori eterni e lui, più di me, Fabio e Beniamino, quei valori li ha vissuti e li ha messi in pratica e questa mostra ne è la testimonianza. Molti sanno che quel che scrivo è solo parte del vero e potrebbero aggiungere molto di più, ma molti non sanno che Nazzareno quando era un ragazzo ha saputo commuoversi per un cagnolino ucciso e che per gli ultimi aveva sempre riguardo, perché degli ultimi abbiamo fatto parte e agli ultimi ci sentivamo di appartenere. Per lui la ricchezza è sempre stato un mezzo per far star bene gli altri e, io lo ricordo bene, regalò il suo unico paio di jeans a un profugo che non ne aveva mai visto uno. Questo era Nazzareno D'Atanasio, questo ha cercato e voluto mostrare con la bellezza delle opere esposte. Questa mostra dunque è nata da un'idea di un uomo che amava i volti della Bellezza. Aveva coscienza della bellezza, quella vera, e in ogni attività in cui lui s'impegnava portava questa sua energia creativa, coinvolgente, rasserenante. Accadeva che le persone erano attratte da lui perché sapeva vedere oltre e riusciva a scoprire capacità, competenze, talenti che erano sopiti, nascosti o tarpati. Il risultato è stato che gli effetti di collaborazione, cooperazione, lavoro sono divenuti comprensione, empatia, stima. Quest'uomo fa parte di quelle persone che non sono come il pioppo liscio e filiforme, sono piuttosto come le querce, ruvidi, con una corteccia spessa, forti, con una folta chioma, dai rami vigorosi che donano riparo anche in autunno e in inverno, anche senza foglie. Con queste rare persone ci si confronta, ci si scontra, ci si dibatte, si litiga, ma come le querce poi sanno tornare al proprio ruolo e a donare ombra, riparo, sicurezza. Poi della quercia ho sentito il ruvido della corteccia, la divergenza dei suoi rami con i miei che quercia non sono. Venne la notte e quando tornò il giorno, Nazzareno aveva conosciuto e trovato la Bellezza in un'altra persona, Cristina Bonucci, un altro miracolo nelle cui opere si fondono simbologie antiche con l'essenza stessa dell'etimo di "contemplazione". Nel suo fare arte si evidenzia il femminile sacro che si pone come varco, ponte tra gli uomini, immanenza e Dio, trascendenza. Non sapevo ancora della presenza della Bonucci, entrai nella sala, trovai il tempio, simboli, calici, trovai bellezza. Ho capito allora che per questo genere di bellezza non serve uno storico dell'arte, serve una persona che della bellezza sappia riconoscerne il volto. Nazzareno questo lo sapeva fare bene, Nazzareno, mio fratello, nel fare queste cose era un maestro. Nazzareno D'Atanasio sapeva trovare e scoprire della Bellezza i volti.
Riproduzione riservata.